1987. Tema in classe: la vostra isola di Utopia
…e dopo ore ed ore, giorni e giorni di dura fatica giunsi, col pensiero, in un paese di nome Utopia!Dapprima notai enormi differenze che sottolineavano la triste situazione del mondo lasciato: la natura pareva a dir poco perfetta e intoccata, ricca di fauna, fiori e colori.
Così pure gli abitanti di Utopia si inserivano in tale scenario con una ammirabile armonia che aumentava lo stupore del mio pensiero.
Tutto dava l’impressione di un equilibrio stabile raggiunto dopo secoli e secoli di sforzi; entrando infatti in Utopia pareva di immergersi nella pace e nell’armonia eterni.
Ebbro di quest’isola incantata il mio pensiero cominciò a penetrare verso il centro e coma gia ho tentato di descrivere la situazione continuò ad affascinarmi. Affabili ed interessati furno gli “utopistici” con cui ebbi lunghi e piacevoli discorsi. Ma io, rispetto a loro, ero di gran lunga più indietro poiché avevo ancora un ideale di me stesso mentre essi avevano ormai raggiunto il loro ideale cioè Utopia.
Mi rammaricai di ciò ma d’altro canto potei confortarmi poiché avevo ancora la speranza in me, parola che loro addirittura non conoscevano.
Per meglio capire i rapporti e la vita fra la gente chiesi di poter visitare l’unica scuola presente nell’isola.
La scuola era diversa rispetto a quelle a me note, non era per i ragazzi di Utopia un momento di formazione utile per migliorarsi perché già da bambini avevano raggiunto il massimo possibile, la perfezione.
Stupito e atterrito sempre più dalla situazione domandai delle materie studiate ma mi avvidi che non ne avevano; con le tecniche sofisticatissime a cui erano giunti riuscivano a sfruttare a pieno le possibilitá dei bambini appena nati insegnando loro tutto il sapere: senza tralasciare l’idea del bene, della giustizia, della eguaglianza… Sembrava di aver raggiunto l’Iperuranio di Platone (utopia forse per lui stesso).
Storia, per esempio, non la studiavano affatto perché non era altro che un brutto ricordo. Vivevano dunque senza volontà di migliorarsi poiché non era necessare.
Pensai allora a personaggi del mio mondo, quelli, per esempio, che avevano dedicato l’intera vita allo studio per rivelare al mondo stesso verità nascoste.
Copernico, Keplero, Galileo, Newton erano personaggi inutili a Utopia.
Ma così pure Socrate, Platone, Aristotele, Pitagora, Parmenide… non avrebbero avuto significato alcuno qui mentre nel mio mondo erano le colonne portanti del sapere. E il mio pensiero cominciò a sfogliare pagine e pagine di nomi disperato ormai dalla notizia che nessuno avrebbe mai avuto posto in Utopia.
S.Agostino e S.Tommaso d’Aquino, Francescani e Domenicani, riforma e Controriforma non sono altro che tentativi di raggiungere la perfezione (che in chiave cristiano è Dio).
Ma Utopia era già Dio e più sfogliavo più mi deludeva il mio mondo: erano morte in esso moltissime persone, chi difendendo la patria, chi per idee religiose, chi per amore del sapere ma tutti convinti di divere morire per un ideale che avrebbe migliorato il mondo.
Che senso ha dunque vivere in Utopia? Correndo via dall’isola il mio pensiero rintraziò Socrate, Platone ed Aristotele, S.Agostino e S.Francesco, Lutero e S.Ignazio di Loyola, G.Bruno e Vico, Galileo e Newton, Pascal e Cartesio, Gandhi e Che Guevara, Marx ed Engels e ancora molti altri per aver tentato di migliorare il mondo senza aver raggiunto però Utopia che avrebbe soffocato la storia e la vita di tutti.